Impiantologia

LAVORO ORIGINALE

M. Marzagalli, A. Preda
*S.Ruscica

Libero Professionista - Pavia
*Università degli Studi di Pavia - CLOPD
Cattedra di Chirurgia Speciale Odontostomatologica
Titolare: Prof. C. Brusotti

IL RESTAURO PROTESICO MONOIMPLANTARE

CASI CLINICI

1. Introduzione

I concetti impiantologici proposti anni fa da P.I. Bränemark hanno radicalmente cambiato il corso dell’implantologia introducendo il concetto di osteointegrazione e ponendo fine all’idea di inaffidabilità che fino ad allora aveva caratterizzato l’implantologia.

Attualmente gli impianti osteointegrati rappresentano una realtà clinica innegabile che offre la possibilità di risolvere, con ottimi risultati, casi di edentulismo totale o parziale.

La sostituzione di denti singoli mancanti, specialmente nella regione frontale in giovani individui, rappresenta da sempre una situazione delicata per l’odontoiatra.

Aumentando le esigenze estetiche, le protesi parziali rimovibili sono spesso viste come inaccettabili, se non come provvisorie e molti pazienti si sottopongono a riabilitazioni protesiche tradizionali con riduzione a moncone degli elementi naturali vitali vicini.

Le altre tecniche terapeutiche per sostituire un dente singolo come per esempio protesi rimovibili, fisse o adesive tipo Maryland, ortodonzia e trapianti dentari si sono dimostrate ideali solo in casi particolari (1), ovvio quindi l’interesse sempre maggiore per gli impianti per denti singoli, supportato da un’alta percentuale di successo.

È indispensabile un protocollo clinico-chirurgico-protesico standardizzato, per permettere al professionista di raggiungere in modo ottimale il risultato estetico e funzionale. Tale protocollo prevede diverse fasi:

  • analisi preoperatoria
  • fase chirurgica
  • procedura protesica
  • follow-up
2. Protocollo chirurgico-protesico
2.1 Analisi preoperatoria

Al fine di ottenere un risultato ottimale estetico e funzionale, è fondamentale che chirurgo e proteista stabiliscano insieme il piano di trattamento.

Esame clinico accurato, indagini radiografiche, studio dei modelli diagnostici, misurazioni dello spazio a disposizione per la riabilitazione protesica e costruzione di una dima chirurgica, rappresentano le basi per successi duraturi nel tempo.

Al paziente, quando necessario, viene eseguito un esame tomografico con una mascherina che fornisce due tipi d’indicazione:

  1. sede di posizionamento mediante sfere di quarzo o dime radiopache per la TAC o di piombo per la stratigrafia;
  2. direzione d’inserimento dell’impianto, mediante indicatore extraorale (7).
Abstract Single-tooth implant restorations: clinical cases

The Authors have developed a standardised clinical, surgical and prosthetic protocol with the aim of achieving optimal aesthetic and functional rehabilitation. After briefly reviewing the surgical technique, they concentrate on the prosthetic procedure by considering the most widely used single-tooth replacement techniques based on various abutments in accordance with the prosthetic implant method proposed by Bränemark.

2.2 Fase Chirurgica

Date per scontate e accettate le fasi chirurgiche dell’implantologia osteointegrata, è opportuno sottolineare solo gli accorgimenti necessari al fine di avere un risultato estetico il più soddisfacente possibile ed evitare gli errori che potrebbero complicare la successiva fase protesica.

L’incisione è consigliata sul versante linguale/palatale evitando quando possibile i tagli di scarico laterali; in questo modo si ha un accesso ampio e una volta riposizionato il lembo, si ottiene la completa copertura della testa della fixture. Bisogna prestare molta attenzione ai sottosquadri vestibolari, frequentemente presenti, che potrebbero essere causa di fenestrazioni durante la preparazione del sito implantare e condizionare l’inclinazione d’inserimento della fixture.

Nel caso di impianto post-estrattivo, alcuni Autori raccomandano l’uso di fix-ture autofilettanti coniche che consentano un rimodellamento ottimale dell’osso marginale durante la guarigione. Ciò non toglie, che si possono utilizzare impianti cilindrici, filettati o non, ponendo attenzione alla stabilità primaria, fondamentale per ottenere l’osteointegrazione (2).

2.3 Procedura protesica

Le componenti e le tecniche implantari sono classificate in restauri ritenuti dal cemento oppure in restauri ritenuti a vite. Un’altra classificazione riguarda l’intero disegno, segmentato o non segmentato si indica il manufatto protesico che si connette alla fixture tramite l’interposizione di un moncone (Cera-one, Ti-Adapt ecc.) collegato alla fixture con una vite. La protesi viene quindi avvitata o cementata sui monconi implantari. Non segmentato è quel manufatto che s’innesta direttamente sulla testa della fixture ed è quindi ritenuto da una vite (5).

In questa analisi prenderemo in considerazione alcuni casi dove sono state utilizzate le più comuni risoluzioni protesiche.

2.4 Follow-up

Dopo che la corona è stata posizionata, è consigliabile eseguire una radiografia iuxta-gengivale per verificare l’adattamento della protesi alla fixture, avere un riferimento ai successivi controlli annuali e verificare il livello osseo marginale e le eventuali reazioni intorno alla fixture e ai denti contigui.

Dopo una o due settimane dall’installazione, nel caso di manufatti ritenuti a vite si controlla la tenuta della vite di fissaggio.

Se questa è stabile, il foro di accesso si ottura permanentemente con guttaperca o resina acrilica o composita e si controllano i contatti occlusali di centrica, che preferibilmente non dovrebbero essere collocati in quest’area (3). Naturalmente dovrebbero essere eseguiti controlli regolari per verificare sia la tenuta della vite di connessione sia le condizioni della mucosa perimplantare.

Soprattutto di fronte a sostituzione di denti singoli, è di fondamentale importanza il controllo della distribuzione del carico; il più comune segno di sovraccarico è costituito dalla perdita di tenuta della vite di connessione e, quando ciò si verifica, deve essere eseguita un’attenta valutazione occlusale per ridurre i contatti della protesi in occlusione centrica, in lateralità e in protusiva per eliminare i contatti funzionali al di fuori dell’asse lungo della corona.

Una protesi non stabile può causare la comparsa di gengivite oppure di piccole fistole che si risolvono spontaneamente dopo aver pulito accuratamente e rifissato la vite, la permanenza dello stimolo infiammatorio dovuto all’instabilità protesica può rappresentare un punto della perimplantanite.

3. Casi clinici
3.1 Caso n. 1 : restauro non segmentato ritenuto a vite

È giunta alla nostra osservazione una giovane paziente di 28 anni che in seguito a incidente motociclistico aveva subito la perdita dell’elemento dentario 23.

Dopo una analisi preoperatoria, si è deciso per una riabilitazione con impianto osteointegrato di tipo Bränemark, misura 3.75 x 13mm di lunghezza. L’impianto è stato collocato 3 mm circa al di sotto del margine gengivale, per ottenere un profilo di emergenza del restauro protesico estetico e naturale.

Dopo 6 mesi, 20 giorni dopo l’intervento di rientro, si è proceduto a rilevare un’impronta. è stato utilizzato un portaimpronte individuale polietere come materiale da impronta. Si è optato per un restauro connesso direttamente all’impianto, seguendo la tecnica de Lewis et al. (6), utilizzando pilastri noti come UCLA. Per il pilastro UCLA si richiede normalmente che siano utilizzate leghe con almeno 50% di oro, il che dovrebbe ridurre il rischio di fenomeni galvanici o di corrosione alla giunzione tra impianto e restauro. Il manufatto protesico definitivo è stato realizzato in allumina (fig. 1) con dispositivo esagonale "femmina" antirotazione.

fig. I
Fig. 1 Pilastro UCLA: corona in allumina con dispositivo esagonale antirotazionale

Il risultato finale (figg. 2, 3) è stato soddisfacente sia per la paziente sia per il professionista.

fig. 2
Fig. 2 Immagine occlusale della corona

fig. 3
Fig. 3 Immagine vestibolare della protesi avvitata

3.2 Caso n. 2 : restauro non segmentato ritenuto a vite

Il paziente, 36 anni, si presenta alla nostra osservazione con la richiesta di sostituire l’elemento mancante 46, estratto due anni prima circa per frattura delle radici, con un impianto endosseo.

L’iter diagnostico segue le procedure rutinarie, fra le quali la radiografia panoramica che evidenzia parametri ossei buoni. Abbiamo optato per un impianto singolo tipo Bränemark di dimensioni 5 mm x 13 mm di lunghezza (wide platform).

Dopo un periodo di guarigione di quattro mesi, si esegue la seconda fase chirurgica e si posiziona un pilastro di guarigione di forma ovale al fine di condizionare favorevolmente i tessuti molli.

Quattro settimane più tardi, tolto il pilastro di guarigione, viene rilevata un’impronta utilizzando sempre un polietere e un portaimpronte individuale forato in resina.

Il manufatto protesico è stato fabbricato in resina composita fotopolimerizzabile tipo Solidex e per ragioni estetiche il foro della vite occlusale viene coperto su un inlay sempre in resina composita cementato in sede.

Si noti (figg. 4, 5) lo spazio a livello mucoso che consente al paziente di effettuare una corretta igiene orale.

fig. 4
Fig. 4 Immagine linguale del modello di lavoro

fig. 5
Fig. 5 Visione vestibolare: si noti la ricerca, necessaria,
di una buona detergibilità

3.3 Caso n. 3 : restauro non segmentato ritenuto dal cemento

La paziente, 35 anni, si presenta alla nostra osservazione con gravi problemi parodontali a carico dellèelemento 11.

Dopo un’attenta valutazione radiografica del cavo orale, si propende per l’estrazione dell’elemento dentario e per la sua temporanea sostituzione con una protesi provvisoria tipo Mary-land-Bridge adesiva e, data la giovane età del soggetto, per la sostituzione con un impianto osteointegrato.

Dopo tre mesi dallàestrazione, si procede alla fase chirurgica dàinserimento di un impianto tipo Bränemark, misura 3.75 x 15 mm di lunghezza.

Al momento della connessione nel cavo orale, si è optato per l’utilizzo di una protesi cementata su pilastro tipo Cera-one, che offre anche la possibile presa dell’impronta senza che il pilastro venga mandato in laboratorio.

La ricostruzione protesica, viene effettuata dal tecnico tramite una cappetta sulla quale seguono le varie fasi di cottura (fig. 6).

fig. 6
Fig. 6 Corona realizzata
mediante metodica Empress

Il risultato finale, dopo cementazione, appare accettabile sia dal punto di vista estetico sia funzionale (figg. 7, 8).

fig. 7
Fig. 7 Visione del restauro sul modello di lavoro

fig. 8
Fig. 8 Corona in sede: si notino le caratteristiche
di trasparenza e di riflessione della luce

3.4 Caso n. 4 : restauro segmentato ritenuto dal cemento

Si tratta di un paziente, di anni 40, giunto alla nostra osservazione in seguito al verificarsi di un episodio ascessuale acuto a carico del 2.1 (fig. 9).

fig. 9
Fig. 9 Immagine intraorale prima dell’estrazione

Essendo tale elemento dentario già stato sottoposto, in precedenza, a intervento di apicectomia per la presenza di una falsa strada endodontica, si decide, in accordo con il paziente, di effettuarne l’avulsione e successivamente procedere alla riabilitazione protesica mediante un impianto osteointegrato. Dopo làavulsione viene posizionato come provvisorio un Maryland-Bridge e, a guarigione dei tessuti molli completata, si procede all’inserimento di una fixture tipo Bränemark 3.75 x 13 mm (fig. 10).

fig. 10
Fig. 10 Immagine radiografica dopo l’inserimento dell’impianto

A distanza di 5 mesi, dopo verifica radiografica, si esegue l’intervento di rientro e si procede, una volta effettuata la connessione, mediante una corona provvisoria al condizionamento dei tessuti molli al fine di ottenere un profilo di emergenza ottimale. Trascorsi circa tre mesi, dopo aver constatato la maturazione dei tessuti, si preferisce d’accordo con il paziente, protesizzare anche l’1.1 onde ottenere un migliore risultato estetico. Si procede, quindi, alla presa dell’impronta e alla realizzazione del manufatto protesico definitivo, utilizzando in questo caso un abutment Ta-Adapt ceramizzato e due corone in metallo-ceramica (fig. 11).

fig. 9
Fig. 11 Abutment Ti-Adapt ceramizzato
su analogo e corona in metallo ceramica

Si è deciso di utilizzare tale abutment in titanio in quanto l’odontotecnico può fresarlo nella forma desiderata adattandolo alle caratteristiche anatomiche del singolo paziente con ottimi risultati estetici (figg. 12, 13)

fig. 12
Fig. 12 Abutment Ti-Adapt in sede e preparazione di 1.1

fig. 13
Fig. 13 Visione intraorale dopo la cementazione

4. Conclusioni

L’utilizzo di impianti osteointegrati si è ciclicamente evoluto a partire da arcate completamente edentule fino alla sostituzione di singoli elementi dentari. Questo concetto di trattamento ha parecchi vantaggi biologici rispetto ai metodi protesici tradizionali tra i quali spiccano la preservazione della dentatura neturale e del parodonto di sotegno.

A questo punto è evidente che per ottenere un risultato estetico ottimale, è necessario eseguire un piano di trattamento accurato e applicare una tecnica chirurgica standardizzata come evidenziato nei casi clinici presentati.

Al momento attuale esiste un’ampia gamma di tecniche per effettuare riabilitazioni monoimplantari valide sia sotto il profilo estetico che funzionale.

Nonostante l’evoluzione delle componenti e delle tecniche, il punto focale per il successo della protesi rimane il corretto posizionamento della fixture e la corretta manipolazione dei tessuti molli, a un errore in una di queste fasi infatti, è difficile sopperire con artifici tecnici (1).

Riassunto

Gli autori hanno standardizzato un protocollo clinico - chirurgico- protesico finalizzato al raggiungimento di una riabilitazione ottimale sotto il profilo estetico e funzionale.

Dopo una breve analisi della tecnica chirurgica, si sono soffermati sulla procedura protesica, prendendo in esame le più comuni tecniche di sostituzione di dente singolo, utilizzando diversi abutment, secondo la metodica implanto-protesica proposta da P.I. Bränemark

Bibliografia
  1. Bränemark PI, Zarb G, Albertsson T. Tissue-Integrated Protheses. Osteointegration in Clinical dentistry . Chicago: Quintessence Publishing co., 1985
  2. Jent T. Clinical procedure for single tooth abutment. Int Press, 1988
  3. Ledermann PD et al. Klinik, Radiologie und Histologie eines tps - Schraubensektases. Quintessence, 1985, heft. 2, ref 6702: 14-24
  4. Lekholm U, Zarb G. Pattent selection and preparation. Chicago: Quintessence Publishing co., 1985; 12: 199-209
  5. Lewis S. An esthetic titanium abutment: report of a technique. Int J Oral maxillofac Impl 1981; 6: 387-416.
  6. Lewis S, Beumer J, Perri G et al. Single-tooth implant-supported restoration. Int J Oral Maxillofac Impl 1988; 3: 25-30.
  7. Pasetti P, Rubbini a Marzagalli M. Mascherine e guide in resina per lo studio radiografico e il posizionamento degli impianti osteointegrati. Il Dentista Moderno 1991; 4: 713-24
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